Di collaborazioni in merito alla tecnologia a celle a combustibile se ne sente spesso parlare. L’ultima nata è tra la giapponese Honda e la statunitense General Motors al fine di sviluppare uno standard per le celle stesse ma soprattutto per lo stoccaggio dell’idrogeno – vero problema e fin’ora limite alla sua diffusione – entro il 2020.
I veicoli con motorizzazione elettrica alimentati con celle a combustibile ad idrogeno sono ritenuti da molte case automobilistiche la vera soluzione per il futuro: i motori elettrici non emettono infatti CO2 ed azzerano così il problema delle emissioni inquinanti mentre l’idrogeno garantisce tempi di rifornimento paragonabili a quelli dei carburanti attuali ed energia sufficiente a percorrere anche 600 km con un pieno con la sola emissione di vapore acqueo.
Hanno quindi un notevole vantaggio funzionale rispetto ai veicoli puramente elettrici che, al momento, possono avere tempi di ricarica al massimo intorno alla mezz’ora ed autonomie mediamente di 150-180 km, fatta eccezione per modelli particolarmente costosi, dato quello che è il mercato attuale, e che ambiscono ai 500 km (come alcune Tesla S). in verità proprio Tesla ha dimostrato che un pit stop per sostituire il pacco batterie di un’auto può durare non più di un minuto e mezzo ma questa tecnologia ha a sua volta degli ostacoli non da poco da superare prima di affermarsi globalmente.
Quindi, sviluppo tecnologico a parte, le celle a combustibile ad idrogeno sembrano avere una prospettiva ben più florida davanti a sé; il problema sta nello stoccaggio, nel trasporto (che spesso obbliga a convertire l’idrogeno da stato liquido ad aeriforme, ad esempio per i trasbordi marittimi) e nella sua sintesi, la quale richiede non poca energia.
Senza però addentrarci in tecnicismi inutili, si può dire che gestire e distribuire l’idrogeno, primaria fonte di energia per questo tipo di vetture, comporta dei problemi che sono proprio quelli che l’alleanza Honda-GM vorrebbe risolvere.
In Giappone è sotto test da anni una rete di stazioni di rifornimento per auto ad idrogeno e, proprio recentemente, il paese nipponico ha rilanciato la diffusione e l’installazione di nuove stazioni di servizio del genere: in Europa, invece, la Germania è forse una della nazioni più attive in questo settore, sebbene i numeri dei punti di rifornimento nel nostro continente siano ancora simbolici.
Certo è che il progredire di questa tecnologia è previsto anche nei piani per i trasporti dell’Unione Europea e quindi non è evidentemente sottovalutato. La rigorosa Danimarca, che vede Copenaghen desiderosa di raggiungere la palma di città carbon neutral entro il 2025, ha già ordinato una flotta di Hyundai ix35 a fuel cell ad idrogeno, le prime uscite dalla catena di montaggio per sole auto a celle a combustibile messa in funzione dal Marchio coreano prima dei concorrenti.
General Motors ed Honda hanno dal canto loro progetti pilota che coinvolgono auto elettriche ad idrogeno in piedi da anni, ricoprendo il 1° e 2° posto nella graduatoria dei brevetti a celle a combustibile depositati tra il 2002 ed il 2012 (oltre 1,200) secondo il Clean Energy Patent Growth Index.
GM nel 2007 lanciò il programma Project Driveway mettendo su strada 119 veicoli con questa tecnologia ed accumulando negli anni qualcosa come 3 milioni di miglia di guida effettiva e relativi dati; Honda, a differenza della casa americana, è dal 2002 che ha venduto e testato nella vita reale degli automobilisti 85 modelli di FCX tra Stati Uniti e Giappone, raccogliendo anche la nomina a World Green Car nel 2009 con la seconda versione FCX Clarity. La sua evoluzione dovrebbe arrivare nel 2015 prima in Giappone edd USA, poi in Europa
Entrambe le case automobilistiche si dicono convinte che quella dell’idrogeno sia la vera strada per liberarsi dalla dipendenza petrolifera e per ottenere auto che mantengano autonomie e tempi di rifornimento competitivi, sottolineando che l’idrogeno può essere ottenuto a sua volta sfruttando energia derivata da fonti rinnovabili come eolico e biomasse.
Andrea Lombardo
Fonte: Honda